Troiaparadise
rendimi agnello per tornare leone
tratto da” Le Troiane” di Euripide e “ l’Ultimo Diario” di Corrado Alvaro
Produzione Balletto Civile – La Spezia / Scena Nuda – Reggio Calabria / Fondazione Teatro Due – Parma
Regia Michela Lucenti
Con Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Ambra Chiarello, Andrea Coppone, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi, Michela Lucenti, Francesca Lombardo, Gianluca Pezzino, Livia Porzio, Emanuela Serra, Chiara Taviani, Teresa Timpano
La guerra è finita. Tutto e’ già avvenuto. Resta un popolo che ha una sola possibilità di ricominciare: stare lì, rimanere dove nessuno vorrebbe essere, in uno spazio tra la guerra e un nuovo equilibrio.
Potrà esserci bellezza in una terra distrutta? Che luogo è quello che è stato un grande regno e che ora non e’ più un campo di battaglia? Da dove comincia la ricostruzione?
Da noi. I corpi che rimangono sono il futuro.
L’ archetipo maschile e femminile si confrontano in quest’opera come non mai, l’uomo si afferma conquistando la terra-donna, su questo concetto si fonda la ricerca antropologica. Noi vogliamo cogliere il mistero simbolico che si cela dietro questo lamento, e vogliamo trovarlo nella bellezza.
Il paradiso non è nell’accettazione ma nella bellezza di ricominciare.
Una spiaggia di terra rossa l’ultimo accampamento, dove i pensieri le convinzioni si confondono. Raccontiamo il tempo dopo che abbiamo urlato e le nostre parole si perdono ai lati della bocca come delle farfalle.
Un semplice fazzoletto di terra, antico come la storia del mondo, che ritorna primitivo dopo le macerie.
Donne forti di una bellezza amara danzano come falene, ostaggio di un esercito di uomini -orso più piccoli dei loro cappotti. Dov’è la verità? Le donne partono per il viaggio verso loro stesse ,detentrici di forza, il loro midollo tenuto prigioniero esige liberazione.
Le leonesse e le loro corse sfrenate, il tempo nella dolcezza del gesto. Raccontiamo il tempo dove occorre tentare di fare la terra come il cielo, per ritrovare l’equilibrio dobbiamo metterci in ascolto della tradizione, piangeremo le parole che arriveranno come un sussurro e cercheremo di capire quello che ci lasciano intendere, solo dopo cominceremo a fremere come a nuova nascita.
Il dolore come conoscenza sia per chi lo subisce sia per chi lo provoca, in questa conoscenza ci sarà la chiave per costituire oggi la nostra identità di uomini e di donne. Una poesia che tende al lamento, la transizione dalla parola al canto, al fiato, che si scioglie in azione nel corpo degli attori.
Michela Lucenti
I luoghi
Taureana di Palmi
Tauriana o Taureana (Taurianum in latino, Ταυρανία in greco) è un’antica città magnogreca, che si trovava nella vallis Salinarum, odierna piana di Gioia Tauro; le sue rovine sono localizzate nel territorio di Palmi (RC). Il nome stesso della città non è che quello del populus italico che la fondò, i tauriani.Tauriana, che sorgeva sulla riva sinistra del fiume Metauros (probabilmente il Petrace), era la città di confine del territorio di Rhegion (Reggio Calabria) sul versante tirrenico nord-occidentale, oltre cui iniziava quello di Locri Epizefiri. Attualmente porta il nome di Taureana una frazione del comune di Palmi (RC) di circa 1.400 abitanti.
Parco archeologico dei Tauriani
Il Parco custodisce i resti degli antichi insediamenti che a partire dal secondo millennio a.C. si sono succeduti sul pianoro. Della città brettia dei Tauriani, testimoniata da due fasi di vita, è oggi parzialmente visibile quella di II-I secolo a.C, testimoniata da ampie strade bordate da edifici e da aree a destinazione pubblica. La Tauriana romana è stata ripianificata alla fine del I a.C. Di essa sono attualmente a vista alcuni isolati delimitati da strade, un imponente edificio per spettacoli e l’area sacra. La città fu abbandonata nel IV secolo d.C. Edifici pubblici e sacri, abitazioni, botteghe, magazzini e strade della città prima Brettia (IV-I secolo a. C.) e poi romana (I a. C. – IV secolo d.C.) sono ancora visibili percorrendo la terrazza, affacciata sul mare e posta a controllo dell’imbocco settentrionale dello Stretto. Qui il populus brettio ha lasciato il proprio nome impresso sui mattoni da costruzione: TAYRIANOYM ossia “dei Tauriani”. Il Parco occupa la parte centrale di un pianoro dominante la costa tirrenica tra Capo Vaticano, lo Stretto di Messina e la vasta piana del Petrace, anuco Métauros.